George Perkins Marsh, americano, nato a Woodstock nel 1801 e vissuto e morto a Vallombrosa nel 1882, è stato un geografo, un diplomatico, ma sopratutto il primo visionario propugnatore dell’ambientalismo. Dapprima impegnato come diplomatico presso l’Impero Ottomano, ove poté studiare le vicende storico-politiche d’Egitto e Terra Santa, divenne successivamente il primo ambasciatore degli Stati Uniti presso il neo costituito Regno d’Italia. Fu personalità di straordinario impegno intellettuale per l’ambiente e l’ecologia, materia ai tempi del tutto ignorata. Nel libro “L’uomo e la natura: Ossia la superficie terrestre modificata per opera dell’uomo”, Marsh introduce il tema dei possibili cambiamenti climatici che si sarebbero presentati, come conseguenza dell’impoverimento delle foreste. Questa visione lo portò a proporre una urbanizzazione in linea con la natura. Molte pagine del suo libro sono un testo di straordinaria attualità, le sue teorie evidenziano la centralità dell’uomo nel rapporto con la natura, sottolineando gli aspetti negativi, ma anche la possibilità di un progresso atto ad intervenire nel riequilibrio dell’ordine naturale.

Marsh è un esempio di “cittadino globale”, che riesce sapientemente a coniugare il ruolo di diplomatico e l’interesse assoluto per il territorio che lo ospita. In Italia, dedica la massima attenzione al territorio tra Firenze e Vallombrosa, non era certo come scelta casuale. A farmi incuriosire sono state le sue idee che lo portavano a sostenere che il territorio toscano era un luogo “fortemente permeato dalla mano dell’uomo” e che dunque doveva essere ben attenzionato nelle politiche da seguire per la sua preservazione, anche a tutela del paesaggio.

Perché uno studioso americano, antesignano dell’ecologia e dell’ambiente, attivo nella costruzione del parco di Yellowstone e nella ideazione del Parco storico Nazionale di Marsh-Billings-Rockefeller, diplomatico in viaggio per il mondo, si ferma proprio nel territorio appartato di Vallombrosa? Una delle cause fu la vicinanza all’Abbazia di Vallombrosa del Santuario camaldolese di San Romualdo, dell’ordine benedettino. Fin dall’antichità i monaci obbediscono alla regola che include la raccomandazione di salvaguardare gli alberi. Praticamente è il primo Codice Forestale, il quale include la mistica della natura e il rispetto per gli esseri vegetali più potenti, venerati da millenni da tutte le civiltà: gli alberi. L’albero è una lenta e durevole forza che tende a vincere il cielo, un oracolo verde, un atto sacro di fede che la natura manifesta per unire le radici del terreno al cielo.

Ancora una volta la Serendipita’, le fortunate circostanze, mi accompagnano. Sono una camminatrice, amo la collina e la montagna, e le mie estati, ormai da qualche anno, vedono come scenario i miei amati boschi toscani. Nella natura mi rigenero e, sopratutto, attraverso di essa ho fatto scoperte meravigliose sulla conoscenza di me. Il passo è stato casualmente breve, da curiosa che si occupa di storia, mettendo insieme cose a prima vista distinte e lontane tra loro: ho incontrato George Marsh, celebrato negli Stati Uniti come il padre fondatore dell’ecologia e degli studi climatici e da noi quasi sconosciuto. Ma la Serendipita’ non finisce qui, perché mentre le mie ricerche si facevano più concrete, mi sono imbattuta nel libro di Paolo Ciampi “L’ambasciatore delle foreste”, candidato al premio Strega 2019, che racconta la storia di Marsh, evidenziando che fu lui a capire che cosa sta succedendo alla natura per opera dell’uomo.

Il primo che parla di cambiamenti climatici e di foreste da salvare. Ma la cosa pazzesca è che con Paolo Ciampi è come se fossimo dei cugini. Quindi camminatori entrambi, ma lungo sentieri diversi collegati tra di loro da sottili fili, che ora Marsh ha riannodato. La vita la possiamo vedere come un grande e sacro bosco, oppure una selva oscura come la chiamava Dante, sicuramente un luogo che chiunque deve attraversare. La storia si avvale della datazione assoluta, cioè del processo di determinazione dell’età cronologica di un reperto. Utilizzata principalmente in scienze come l’archeologia e la geologia avvalendosi della dendrocronologia, che già Leonardo Da Vinci conosceva, avendone scritto nel “Trattato della Pittura”.

Ci sono voluti ben quattro secoli per riconoscere questa scienza come un preciso strumento di datazione al servizio di molteplici campi di studio. La Dendrocronologia è la scienza che si occupa dello studio delle piante che hanno accrescimento secondario, ossia che producono legno: in tempi più moderni è divenuta la botanica forestale. Gli anelli di accrescimento annuali degli alberi forniscono preziose informazioni ambientali e climatiche. La dendrologia è un prezioso strumento di analisi del clima del passato e di quello di oggi per studiare le modifiche atmosferiche, che non sono sempre lineari nell’accrescimento dell’albero, perché l’ampiezza e la densità degli anelli varia con l’esposizione, la quota, la struttura del suolo, la piovosità, la radiazione solare, la composizione dell’atmosfera e molti altri fattori delle epoche che si sono susseguite, e che puntualmente e con precisione sono state registrate negli anelli degli alberi. Non avreste mai pensato che un albero potesse “nascondere” tanta conoscenza dentro di sè, vero? Noi dobbiamo imparare a comprendere che la realtà è più complessa di quello che appare.

È molto importante non solo piantare, ma conoscere e gestire bene, che cosa piantare. George Marsh aveva già introdotto questo concetto, che si è poi sviluppato attraverso il progresso e l’ingegneria climatica. I campi elettromagnetici sono presenti ovunque nei nostri ambienti, ma sono invisibili all’occhio umano. Campi elettrici sono prodotti dall’accumulo locale di cariche elettriche nell’atmosfera, in occasione di temporali. Il campo magnetico terrestre fa sì che l’ago di una bussola si orienti lungo la direzione nord-sud ed è utilizzato da uccelli e pesci per la navigazione nell’aria e nell’acqua. Imparando a conoscere gli alberi, scopriamo che hanno la capacità di influire elettromagneticamente sulle funzioni vitali dell’uomo, fornendoci gli strumenti per creare spazi verdi terapeutici bioenergetici particolarmente benefici per le persone.

Ogni albero emette frequenze elettromagnetiche identiche a quelle che caratterizzano e alimentano il funzionamento dei nostri organi e le nostre funzioni biologiche. La qualità dell’energia emessa dipende dalla specie e dal genere della pianta messa a dimora. Alcune specie possono essere definite molto positive per la salute di tutti noi, influendo in maniera molto favorevole su tutto l’organismo, altre sono da considerare disturbanti o nocive anche in relazione al luogo in cui sono state messe a dimora. L’intensità dei campi elettromagnetici emessi dagli alberi è estremamente bassa ma possiede un’altissima affinità biologica con l’uomo. Grazie agli studi sulla biosfera sono stati definiti dei campi generatori che sono in grado di raccogliere e veicolare lungo una certa direzione, le proprietà energetiche degli alberi, cioè veicolare la loro informazione biologica. Ricordiamoci che gli alberi sono i polmoni della terra e hanno il potere di assorbire CO2, cioè carbonio. Quindi una cattiva progettazione e una cattiva piantagione, possono trasformarsi in una crescita di carbonio e in una perdita di biodiversità, anziché in un aumento. La gestione delle foreste per la mitigazione dei cambiamenti climatici richiede l’azione di diverse parti interessate che intraprendono attività diverse.

Ad oggi, sono stati sviluppati diversi sistemi di monitoraggio del carbonio forestale per diverse regioni, utilizzando dati che sono al vaglio dei migliori studi scientifici. Passare dalla teoria alla pratica è una trasformazione molto complessa se si guardano solo i rischi e le incertezze, la teoria scientifica non ha mai obbligato i legislatori ad investire in risorse. Il confronto avviene ogni giorno su delle incognite e il cambiamento climatico è un rischio che non abbiamo ancora affrontato, praticamente una terra sconosciuta. Quindi non è la demonizzazione della produzione, del progresso e della civiltà ciò che ci deve guidare, ma la giusta conoscenza per agire in maniera corretta, applicando la scienza più moderna per la tecnologia del riassorbimento della CO2 dall’atmosfera.


George Perkins Marsh ci ha lasciato un grande insegnamento: l’uomo vive in risonanza con la natura, la natura è l’ambiente che ci ospita, ma dobbiamo imparare a conoscere attentamente le forze che la compongono e non possiamo più permetterci errori. Abbiamo bisogno di “visionari” come Marsh, menti che sappiano applicare una maggiore consapevolezza e diffondere educazione ambientale. Progettare soluzioni innovative che possano rendere innocue le nostre azioni presenti e passate. Al cambiamento climatico servono opportunità per coniugare l’imprenditoria con la scienza, creando investimenti per soluzioni completamente nuove.

Il legame tra i corsi di laurea forestali di Firenze e l’attuale Riserva Naturale Statale Biogenetica di Vallombrosa è sempre più salda. La foresta di Vallombrosa, così amata da George Marsh, è oggi gestita dal Raggruppamento biodiversità, Reparto Biodiversità Vallombrosa dell’Arma dei Carabinieri. Ogni anno gli studenti forestali svolgono nel bosco le esercitazioni didattiche dei diversi insegnamenti, un momento indispensabile per la corretta formazione del laureato in Scienze forestali. Ricordiamoci che la natura ci può fare la guerra più tremenda: senza armi, in modo asimmetrico e con la potente forza della perseveranza.

 

Autore

Elena Tempestini