Tra le molte tradizioni fiorentine ripristinate dalla rinata Parte Guelfa spicca quella della magnifica Incoronazione del Marzocco ripresa lo scorso 24 Giugno 2020 in segno di rinascita e di lotta contro la pandemia e riportata finalmente in auge. Parte Guelfa, sempre intenta a recuperare e valorizzare le tradizioni di libertà, rinnoverà anche quest’anno il rito celebrandolo nell’ultima ora del 23 Giugno 2021 e nella prima ora del giorno di San Giovanni per perpetuare l’antichissima e tradizionale cerimonia denominata Incoronazione del Marzocco, che sarà realizzata sobriamente in Piazza della Signoria a Firenze con una guardia d’onore ed il gesto simbolico del solenne conferimento della corona alla statua del leone come riconoscimento di sovranità e di vittoria sulle avversità dei tempi. Protagonisti della tradizione saranno ancora il Console Luciano Artusi ed i Cavalieri e le Dame di Parte Guelfa, ammantati nel loro bel mantello verde bruno in uso fin dal XIII secolo, e tutte le istituzione fiorentine che abbiano a cuore i valori che le tradizioni custodiscono.
L’incoronazione del Marzocco rappresenta l’assunzione della regia potestà da parte del sovrano leone di Firenze, animale simbolo protettore del Popolo Fiorentino e della Parte Guelfa, la maggiore e più sacra delle istituzioni cittadine, ed è l’atto che annualmente ne sancisce e ne conferma l’ascesa al trono. La tradizione vuole che l’Incoronazione del Marzocco avvenga poco prima della festa del patrono San Giovanni Battista che si celebra ogni 24 Giugno e prevede che si ponga in testa al leone di Piazza Signoria, ossia al Marzocco, la corona repubblicana. Parte Guelfa, istituzione baluardo di libertà e sovranità, compie l’atto di concessione di regalità allo scoccare della prima ora della festa patronale per rinnovare e ribadire questa bellissima tradizione nel momento di maggiore difficoltà del XXI secolo.
Sul prezioso simbolo del Marzocco occorre però raccontare di più. La Repubblica Fiorentina infatti, oltre al giglio ed altre insegne raffigurate un po’ ovunque per la città ed anche sotto gli sporti del Palazzo Vecchio, aveva il leone come antichissimo simbolo pur non essendo posto in alcuna bandiera. Il Marzocco era ed è un emblema a cui i Fiorentini tenevano e tengono in modo particolare e rappresenta un leone accosciato che sorregge con la zampa destra lo scudo col giglio rosso, simbolo del potere popolare. Una bella scultura di Donatello, dal 1885 trasferita al Museo Nazionale del Bargello, lo rappresentava sull’arengo davanti a Palazzo Vecchio dove oggi esiste la copia.
Il leone con la sua simbologia di forza, coraggio e sovranità, simbolo del potere popolare, conquistò di fatto il ruolo di raffigurare il Popolo Fiorentino in armi. Tanto era l’affetto dei cittadini per tale immagine che a volte, venivano nominati dai loro nemici anche “Marzoccheschi” cioè “figli del Marzocco”. Filologicamente il termine Marzocco, lo si fa risalire a Martocus cioè piccolo Marte, con allusione al dio della guerra, protettore della Firenze pagana.
Il Marzocco fu considerato come il talismano portafortuna della Repubblica e orgoglio dei Fiorentini, tanto da divenire il grido di battaglia della Cavalleria Fiorentina nonché simbolo di potenza e di giurisdizione amministrativa. Il prestigio del “re della foresta” era tale che, scolpiti in pietra o marmo, i leoni venivano eretti in tutte le terre soggette al dominio di Firenze e nella stessa città gigliata dove si possono ancora vedere nella Loggia della Signoria, nel Palazzo Vecchio e in numerosi altri luoghi come al principio delle scale in diversi antichi palazzi. Sul Palazzo Vecchio domina quello dorato e rampante posto sull’asta della torre d’Arnolfo, che indica la direzione del vento. Se questo segnavento è rivolto verso l’Arno, i Fiorentini dicono subito: “Quando il leone piscia in Arno l’è acqua”; e tale proverbiale locuzione si basa appunto sulla posizione assunta dal leone verso fiume quando viene spinto dal vento foriero di pioggia.
Il Marzocco sull’arengario fu muto testimone e complice involontario delle beffe che i Fiorentini usavano fare ai loro nemici sconfitti e portati prigionieri a Firenze, i quali erano indotti a passare in fila dietro il fiero leone e, in atto di plateale sottomissione, a baciarlo sotto la coda. Emilio Gabbrielli Bacciotti nel suo Il Fiorentino Istruito ci fa sapere che tale nuova scultura aveva sulla testa una corona dorata e smaltata in bianco e rosso, nella cui fascia erano incisi i seguenti versi dettati dal mercante, politico, poeta e novelliere Francesco Sacchetti: “Corona porto per la Patria degna acciocché libertà ciascun mantegna”.
Un tempo, agli angoli del palazzo della Signoria erano collocati, come racconta sempre il Bacciotti: “Anticamente altrettanti leoni colossali di pietra, questi a dire del Villani, furonvi posti verso la fine del mese di luglio del 1354 e, si dice, che la prima idea fu di porveli di rame dorato, perché fossero di minor peso e di durata maggiore, ed infatti corrosi dall’intemperie dell’aria, ed attesa la gravità loro, furono gettati a terra”.
Tanti fieri leoni definiti Marzocchi non erano però soltanto riprodotti in pitture e sculture ma, a spese del Comune per grandezza e prestigio della Repubblica, anche mantenuti viventi, ben custoditi in un “serraglio” che nel 1285 era presso il palazzo del Bargello. Tale serraglio fu poi spostato nei pressi del Battistero e, nel 1319, realizzato al lato del Palazzo dei Priori fino a quando non fu eretta l’omonima loggia assai più conosciuta con i nomi di Loggia dell’Orcagna – dall’autore del disegno – o dei Lanzi dal corpo di guardia formato da soldati lanzichenecchi, al tempo del duca Alessandro de’ Medici. Dal 1350 i leoni furono di nuovo trasferiti in un vasto ambiente sul retro del Palazzo della Signoria nella strada che tuttora porta il nome di Via dei Leoni.
I Fiorentini erano orgogliosi del grande consumo di carne che occorreva per il mantenimento di quelle fiere e seguivano sempre con interesse tutto ciò che le riguardava vedendo nel loro benessere quello della città. Lo storico cronista Giovanni Villani – nato e vissuto a Firenze tra il 1280 ed il 1348 – a tal proposito nella sua Nuova Cronica riporta: “In questi tempi avvenne in Firenze una cosa ben notabile, che avendo papa Bonifazio presentato al Comune di Firenze uno giovane e bello leone, ed essendo nella corte del palagio de’ Priori legato con una catena, essendovi venuto un asino carico di legne, veggendo il detto leone, o per paura che n’avesse, o per lo miracolo, incontamente assalì ferocemente il leone, e con calci tanto percosse che l’uccise, non valendogli l’aiuto di molti uomini ch’erano presenti. Fu tenuto segno di grande mutazione e cose a venire, che assai n’avvennero in questi tempi alla nostra città”. Più oltre il cronista annota ancora: “All’uscita di giugno del detto anno 1337 nacquero in Firenze sei leoncini della leonessa vecchia e delle due giovani sue figlie, la qual cosa, secondo l’augurio degli antichi pagani, fu segno di grande magnificenza della nostra città di Firenze. E certo di questo tempo e poco appresso fu in grande colmo e potenzia. De’ detti piccoli leoni alquanto cresciuti il Comune di Firenze ne fece presenti a più comuni e signori loro amici”.
Anche Matteo Villani, nato e vissuto a Firenze tra il 1283 ed il 1363 e fratello del noto Giovanni, racconta nella sua Cronica: “In questo anno (1353) del mese di novembre, ne nacquero in Firenze tre, de’ quali l’uno si donò al duca di Osteric che per grazia il domandò al nostro comune; e il leone padre vedendosi tolto l’uno de’ suoi leoncini se ne diè tanto dolore, che quattro dì sette che non volle mangiare, e temutesi che non morisse. E perch’elli stavano in luogo stretto ove si batte la moneta del comune, ne furono tratti, e dato loro larghezza di case, e di cortili, e di lì condotti nelle case che il duca d’Atene avea fatte disfare per incastellarsi, che furono de’ Manieri, dietro al palagio del capitano e dell’esecutore in su la via da casa i Magalotti, ove stanno al largo e bene”.
Dal Diario Fiorentino di Agostino Lapini – nato e vissuto a Firenze tra il 1515 ed il 1592, apprendiamo che i leoni del Comune furono infine trasferiti in un nuovo serraglio vicino a San Marco, al fine di poter realizzare la nuova facciata posteriore del Palazzo Vecchio, quella sul lato di Via dei Leoni che, appunto dalle fiere, aveva avuto il nome: “Per insino a’ dì primo di dicembre 1550 si cavarono i lioni che erano stati gran tempo dietro al palazzo di Piazza e si messono rispetto allo Spedale di Santo Matteo, da San Marco. E dove stettono detti lioni si fondò la bella facciata del palazzo nel 1587”.
Infatti, il granduca Cosimo I spostò il serraglio in Piazza San Marco all’angolo con Via della Sapienza (oggi Via Cesare Battisti), nell’area dove adesso si trova il rettorato dell’Università fiorentina. Il serraglio rimase in essere fino al 1777 quando Pietro Leopoldo di Lorena lo chiuse mettendo fine all’antica usanza di mantenere i leoni in cattività ed alla leggenda che le loro nascite portavano bene e le morti disgrazie. Il leone, nella raffigurazione del Marzocco, apparve successivamente anche nei sigilli usati nella Cancelleria della Repubblica Fiorentina per convalidare le scritture interne e con l’estero.
A titolo di curiosità va detto che pure i Ghibellini fuorusciti da Firenze incisero un proprio sigillo che rappresentava Ercole a cavallo del leone nell’atto di sganasciargli la bocca, con intorno la scritta Sigillum Parte Ghibellinorum de Florentia. I fuorusciti intesero rappresentare il popolo fiorentino nell’Ercole e nel leone domato il Marzocco, che però non riuscirono mai più a sottomettere.
L’alta considerazione dell’antico Marzocco è rimasta immutata per secoli fino a tempi assai recenti, se si considera che la sua effigie coronata venne impressa nel 1851 anche sui primi francobolli emessi del Granducato di Toscana del valore di 1 soldo, 2 soldi, 2 crazie, 4 crazie e 6 crazie, oggi pregiatissimi e molto ambiti dai filatelici collezionisti. Tali francobolli furono poi sostituiti nel 1860 dallo stemma sabaudo, con la proclamazione del Governo Provvisorio Italiano.
Autore
Luciano e Ricciardo Artusi