In Italia, tra IV e XV secolo, fa la sua comparsa, alla Corte di Mantova la cavalcata all’amazzone. Non è chiaro se sia avvenuto durante il primo matrimonio di Ludovico I, Luigi Gonzaga, con Caterina Malatesta o durante il suo secondo matrimonio con Francesca Malaspina. La sposa apriva il corteo in sella a un palafréno, ovvero un cavallo usato per viaggi e parate e non per corse e combattimenti, riccamente bardato condotto a mano da un paggio.
Il 26 maggio 1303, giorno di Pentecoste, Eleonora d’Angiò, figlia del Re di Napoli Carlo II, sontuosamente vestita e accompagnata dai conti di Catanzaro e di Ariano, fu condotta su un palafreno parato a festa alla cattedrale di Messina, dove l’arcivescovo celebrò le nozze con Federico III di Aragona, Re di Trinacria. La sella usata era una “sambue”, dal francese antico “gran lusso, sontuoso”, la quale era un adattamento del basto da soma su cui era avvitato, parallelo alla spina dorsale del cavallo, un seggiolino imbottito di paglia abbastanza ampio ricoperto di velluto e stoffe preziose, dal quale pendeva un predellino sul quale la dama appoggiava i piedi, seduta lateralmente: un congegno assolutamente inadatto ad andature diverse dal passo a mano. Questo tipo di sella era molto scomoda e poco sicura per la “cavaliera” che durante la caccia si vedeva costretta a montare a “califourchon”, cioè a cavalcioni, destando non poco scandalo. L’evoluzione della cavalcata all’amazzone inizia nel XVI secolo, alla Corte di Francia, grazie a Caterina de’ Medici e alla gelosia. Essendo bruttina e leggermente claudicante studiò un modo per spodestare l’amante del marito, svergognata donna che cavalcava a cavalcioni. Fece modificare la sambue, che si era già evoluta con un pomello alto a destra per l’appoggio e una gobba al centro del sedile che consentiva una posizione più verticale e più sicura.
Per seguire il marito nelle sue scorribande a cavallo, Caterina, aggiunse un sostegno supplementare, una fourche o corno, che le permetteva di non scivolare a sinistra, sostituendo il predellino con una staffa a pantofola “étrier-pantoufle”. Poco alla volta la posizione si raddrizza, la gamba destra della “cavaliera” si ritrovò girata nell’asse dell’incollatura, le spalle perpendicolari alla colonna del cavallo, confermando quell’indipendenza maturata con il Rinascimento, che aveva permesso alla donna, in particolare in Italia, di assumere anche a cavallo, degli spazi, dei ruoli sociali e politici riservati solo agli uomini.
Autore
Jules-Théodore Pellier