“A dì 20 Ottobre 1689 restò terminato l’acconciamento del Tetto de’ Pisani in Piazza del Gran Duca, quale acconciamento ebbe principio il dì 12 Settembre in detto anno al quale fu levato mezzo braccio di gronda per renderlo più leggero, e la spesa di tal opera fu fatta degl’Ufiziali di Parte”. Il nome della Tettoia dei Pisani deriva dai suoi costruttori: la loggia infatti fu edificata per mano di alcuni prigionieri pisani, condotti nella città di Firenze a seguito della battaglia di Cascina, dove nel 1364 le truppe fiorentine sconfissero quelle di Pisa.
Dopo aver subito numerose modifiche nel corso del tempo, nel 1637 l’ingresso dell’antichissima chiesa di Santa Cecilia, che si affacciava nella minuscola piazzetta omonima, venne spostato sotto la Loggia dei Pisani, al fine di dare un tono più decoroso a un luogo di “molte indecenze”, come si legge in una Supplica rivolta al Granduca da parte del Rettore Giovanni Bongiani nel 1627. La chiesa venne infine soppressa nel 1783, mentre i suoi arredi furono trasportati nella chiesa di Santo Stefano al Ponte, nei pressi di Ponte Vecchio.
La Tettoia ebbe una durata più lunga e prestigiosa. A partire dal 1352 il luogo era sede dell’Arte del Cambio, una delle sette Arti Maggiori delle corporazioni di arti e mestieri di Firenze, e nel corso del 1400 si affermò anche come luogo di ritrovo di grandi intellettuali, tra i quali Niccolò Niccoli e Leonardo Bruni, che facevano capo alla prestigiosa Accademia Platonica. Con la costruzione della loggia del Mercato Nuovo intorno al 1548 per volere di Cosimo I, la tettoria dei Pisani perse progressivamente la sua centralità, per poi essere demolita intorno al 1864, quando cominciarono i lavori per il palazzo Lavison. L’edificio, noto come Palazzo delle Assicurazioni Generali di Venezia, venne costruito nel 1871 su commissione del barone Edoardo Lavison, previa distruzione dell’antica torre degli Infangati, della chiesa di Santa Cecilia e della loggia dei Pisani che occupavano questo lato della piazza.
Chi scrive ha rinvenuto la notizia, sopra citata, dell’intervento degli Ufficiali di Parte Guelfa durante la trascrizione di un manoscritto di 900 pagine, che contiene la cronaca di accadimenti fiorentini e non dal 1643 al 1702. Questo manoscritto venne compilato per ordine di Gualtierotto Guicciardini e venne interrotto alla sua morte. Le sue disposizioni testamentarie stabilivano che la sua sterminata biblioteca non fosse mai né smembrata né venduta, con il risultato che questo diario è rimasto sepolto per quasi tre secoli ed è stato rinvenuto dall’ultimo dei Guicciardini in modo abbastanza casuale. Nel 1999 la Cassa di Risparmio di Firenze ne ha curata la riproduzione anastatica in tre volumi che non risultano ancora essere stati oggetto di studio. Il manoscritto si intitola IL BISDOSSO. Andare a bisdosso significa cavalcare senza sella, ossia liberamente, senza costrizioni, ma in realtà segue un ordine rigorosamente cronologico.
Autore
Paolo Piccardi
Cavaliere Onorario di Parte Guelfa