Con la morte di Enrico V di Franconia della dinastia salica, Imperatore del Sacro Romano Impero, iniziarono le lotte fra le casate germaniche dei bavaresi Wittelsbach alleati con gli Ottoni Sassoni del castello di Welfen, da cui il nome di Guelfi, e gli Svevi Hohenstaufen dal loro castello di Waiblingen, dal quale il nome dei Ghibellini. In Italia le varie famiglie nobili si divisero storpiando i nomi in Guelfi e Ghibellini e nelle lotte fra le famiglie fiorentine i nomi vennero mutati in Stuffi e Soavi. In un primo tempo le fazioni non erano divise nei due partiti imperiale e papale, in seguito con la lotta per la corona imperiale si divisero in Guelfi sostenitori del Papa, e Ghibellini per la parte imperiale. Anche in Italia si ebbero sostenitori dei due partiti in lotta fra di loro, molte città e comuni si divisero fra le due fazioni, cambiando partito secondo la convenienza del momento.
In Firenze le famiglie magnatizie di antica nobiltà feudale si divisero fra Guelfi e Ghibellini, combattendosi ferocemente. Con il sopravvento prima di una parte e poi dell’altra. Il 4 settembre 1260, i Ghibellini senesi coadiuvati dalla cavalleria imperiale ebbero la meglio sui Guelfi di Firenze ed i loro alleati nella battaglia di Montaperti, con il conseguente esilio degli sconfitti.
Nell’anno 1266 una delegazione di consoli dei Cavalieri di Parte Guelfa di Firenze, dopo il determinante apporto fornito alle truppe di Carlo I d’Angiò nella Battaglia di Benevento disputatasi il 26 febbraio di quell’anno, si recò a Roma dal Papa Clemente IV per rinnovare il giuramento di fedeltà. Il pontefice francese li omaggiò del suo stemma: l’aquila rossa in campo d’argento che artiglia un drago verde, in seguito sopra la testa dell’aquila venne aggiunto un giglio rosso. Ciò valse l’istituzione formale dell’Ordo Partis Guelfae Ordine dei Cavalieri di Parte Guelfa ai quali il Papa consentì anche i sigilli per divenire Fons Honorum e continuare a creare con stabilità un corpo di cavalieri al servizio del papato. In contrapposizione i ghibellini scelsero per la loro insegna Ercole che sganascia il leone di Nemea. Lo stemma di Papa Clemente IV, era già stato utilizzato dalla cavalleria guelfa, giunta da Firenze con circa quattrocento effettivi, nella menzionata battaglia di Benevento contro re Manfredi, figlio naturale di Federico II, nella quale gli imperiali subirono una terribile e determinante sconfitta. I Ghibellini in Firenze non si sentirono più sicuri, minacciati dai Guelfi rimasti e i fuoriusciti che cercavano di rientrare. Dopo pochi giorni dalla battaglia, una ambasceria si recò dal Papa per far togliere la scomunica alla città. La proposta venne volentieri accolta da Clemente IV deciso a far cessare le ostilità fra le due fazioni. Questa situazione di grande ostilità si protrasse fino all’11 novembre 1266, quando il podestà Guido Novello avendo capito che la sorte dei ghibellini era segnata uscì dalla città per tornare al suo castello di Poppi in Casentino, permettendo ai Guelfi di rientrare.
Tornati in Firenze, i vincitori si diedero a vendette contro gli sconfitti avversari, confiscando gli averi degli sbanditi e distruggendo i loro palazzi. Sentendosi sicuri si diedero a cercare una sede per la Parte Guelfa. I Capitani di Parte si riunirono in un primo tempo presso la chiesa di Santa Maria Sopraporta come segnala il Villani nella sua Cronica. Fin quando nei primi decenni del Trecento vennero acquistate cinque botteghe accanto alla chiesa per edificare il Palagio dei Capitani di Parte Guelfa. La prima costruzione aveva una grande sala al primo piano alla quale si accedeva tramite una scala esterna di pietra e sembra che questa stanza sia stata affrescata da Giotto del cui disegno è rimasto solamente un piccolo accenno in un angolo del soffitto. Questo ambiente è denominato Sala del Camino. Sopra la cappa del quale è dipinto il simbolo dei Capitani di Parte Guelfa, con sotto due scudi recanti il giglio vermiglio di Firenze, e l’arme del Popolo, la croce rossa in campo d’argento. Da questo salone di ingresso si entra in una stanza piccola chiamata “Consigliatoio” dalla quale si accede attraverso una porta di legno e rame con due colonne di marmo bianco sormontate da una Madonna con Bambino di terracotta invetriata opera di Luca della Robbia, nella Sala dei Capitani di Parte Guelfa, detta anche dei Gigli. Sulle pareti dipinte di azzurro ci sono dei gigli di Francia di colore oro, mentre il soffitto è ligneo a cassettoni con metope trilobate lungo tutte le pareti, nei quali sono rappresentati il Giglio di Firenze, l’insegna dei Priori di Libertà, l’insegna della Parte Guelfa e quella del Comune.
Nel Palagio vi è anche un corridoio chiamato dei “Drappeggi” con le pareti e il soffitto dipinte in modo da sembrare di stoffa, un caminetto e una loggetta che si affaccia su di una corte interna. Da qui si entra nella sala grande progettata dal Brunelleschi nel 1420 chiamata “Sala dell’Udienza”, oggi conosciuta come Salone Brunelleschi, illuminata da grandi rosoni. Alle pareti si trovano degli scranni di legno e sulla porta una terracotta invetriata policroma di Luca della Robbia recante una Madonna con Bambino e due angeli. In una parete della sala, c’è un ingresso ad una loggetta che si affaccia su via del Capaccio, opera del Vasari, e un elegante stemma Mediceo realizzato del Giambologna. Al piano terra, sempre su via del Capaccio, si trova la sala del Consoli dell’Arte della Seta. Il Palagio nel XIX secolo venne usato come caserma del pompieri e modificato nella sua struttura per contenere la camerata dei militi mentre al piano terreno fu realizzata la stalla per i cavalli e il carro pompa. Questa situazione si protrasse fino alla costruzione della nuova caserma ed il conseguente abbandono del palazzo. Così, negli anni trenta del novecento, il Comune di Firenze decise di restaurarlo rendendogli parvenza medievale.
Con il passare del tempo venne meno la funzione difensiva della Parte Guelfa, anche grazie alla definitiva sconfitta dei Ghibellini, e mutò il genere di servizi a favore della Signoria e poi del Granducato fin quando Leopoldo I di Toscana non la soppresse con un motuproprio datato 22 giugno 1769. Nell’anno 2015, precisamente il 25 marzo, Festa della Santissima Annunziata e Capodanno Fiorentino, con atto pubblico registrato nella Sala dei Capitani di Parte Guelfa dal notaio Claudio Ficozzi, venne rifondata come Arciconfraternita, ovvero come associazione di volontariato a protezione delle tradizioni e dell’ambiente. La Parte Guelfa, nata come reparto di cavalleria papale, esprime anche il gruppo della Cavalleria Fiorentina nel Corteo Storico della Repubblica di Firenze. Come da antica consuetudine, nel mese di giugno, in seguito alla finale del Calcio Storico Fiorentino del torneo di San Giovanni, la Parte Guelfa realizza la Giostra del Giglio sul sabbione di Santa Croce, che ripresenta i fasti delle antiche tenzoni all’anello disputatesi in Firenze fino al XVII secolo.
Autore
Alberto Chiarugi
Cavaliere Onorario di Parte Guelfa