Invitata dalla Brigata Aretina Amici dei Monumenti, la Parte Guelfa è stata invitata a tenere un convegno sul tema Guelfi e Ghibellini. Il simposio si è tenuto presso l’Hotel Continentale in Piazza Guido Monaco e ospiti della Brigata Aretina, rappresentata dal Presidente Claudio Santori e dal Vice Presidente Massimo Dal Piaz, gli storici di Parte Guelfa Andrea Claudio Galluzzo e Riccardo Mugellini. Il primo ha trattato dei rapporti tra la Chiesa e le fazioni guelfa e ghibellina mentre il secondo ha illustrato la storia di Arezzo tra X e XIV secolo ed i rapporti con Firenze partendo dai vescovi conti.
La città di Arezzo rappresentata da Piero della Francesca e Giotto
Riccardo Mugellini ha illustrato come ad Arezzo, da Arnaldo, dal 1052 in poi, durante la lotta per le investiture, nelle mani del vescovo passò il potere temporale e religioso. In sostanza si creò, unica in Toscana, la figura del vescovo-conte. In questo periodo, ad Arezzo, i vescovi furono: Everardo (960), Elemperto (986-1010), Guglielmo(1010-1013), Teobaldo (1023-1036), Immone (1036-1051), Arnaldo (1052-1062), Gregorio I vescovo di Arezzo (1104-1114). Nel 1111 Arezzo subì l’occupazione, la devastazione e il saccheggio da parte dell’esercito di Enrico V per cui questi incorse successivamente (1115) nella scomunica da parte del Papa Callisto II. Nel 1122 terminarono le lotte tra Papato e Impero col concordato di Worms tra Enrico V e il Papa: i vescovi-conti ripresero la loro autonomia in Arezzo come nelle altre città della Tuscia. Ma, il potere dei vescovi-conti tendeva a perdere l’autorità che i Papi e l’imperatore avevano loro assegnato; ciò, più che altro per logoramento. Gli Aretini allora indignati, nel 1131, arrivarono al punto di assalire e distruggere il castello vescovile che era stato edificato fuori delle mura sul Colle del Pionta, luogo strategico per eccellenza. In questo periodo si susseguirono come vescovi: Buiano (1129 – 1134), Mauro (1134 – 1142), Girolamo (1144 – 1177). Poiché il popolo o almeno gli estremisti, stavano recando danni alla cattedrale, il vescovo e il suo seguito decisero di trasferirsi dentro le mura e ciò avvenne nel 1203. Verso il 1300 Arezzo cominciò a espandere il suo dominio ben oltre le vecchie mura dalla Val Tiberina fino al Casentino, sfiorando il Valdarno.
L’imperatore Federico II
Il libero comune di Arezzo
Quasi svanita l’autorità politica dei vescovi, gli Aretini cambiarono modo di governo. Il supremo potere era esercitato da una assemblea generale di tutti i cittadini, una specie di Parlamento cui partecipavano le famiglie residenti da lungo tempo in città e che doveva discutere e decidere intorno ai bisogni e necessità di maggiore entità. Ciò non riuscì ad eliminare le discordie dovute ai vari orientamenti politici. Gli Aretini si schierarono in due fazioni: Ghibellini e Tarlati da una parte, Guelfi dall’altra. Alla rinnovata importanza politica si accompagnò una fioritura culturale: la città si dotò di una università, lo Studium, già attiva nel 1215 i cui ordinamenti risalgono al 1252, brillarono i primi ingegni della nuova poesia lirica italiana Guittone d’Arezzo e Cenne de la Chitarra; della scienza con quel Ristoro che nel 1282 scrisse la prima opera scientifica in volgare; della composizione del mondo; e della pittura, con Margaritone d’Arezzo, poi affiancato da maestri fiorentini e senesi quali Cimabue e Pietro Lorenzetti. In questo periodo (1282) la città era governata dai Guelfi capeggiati dalla famiglia Bostoli il cui potere durò dall’anno 1282 al 1287, quando fu siglato un accordo tra la famiglia Bostoli e i Tarlati col vescovo Guglielmo che rese Arezzo ghibellina.
Nella famosa battaglia di Campaldino (1289) l’esercito ghibellino aretino fu sopraffatto dalle preponderanti forze guelfe fiorentine e senesi. Gli eserciti vincitori però non riuscirono ad espugnare la città che seppe resistere eroicamente agli assalti. Arezzo così divenne Ghibellina grazie anche all’odio nutrito verso i Guelfi di Firenze. Le lotte interne fra i due maggiori partiti erano intrecciate, se così si può dire, con quelle esterne per l’allargamento del territorio. All’interno la lotta per il potere si svolse tra la famiglia degli Ubertini e quella dei Tarlati. Guido Tarlati nel 1312 ottenne la vittoria e fu nominato signore a vita della città. Il clero gli tolse la sua protezione perché questo signore si era dato anima e corpo ai Ghibellini: allora nel 1324 Guido fu scomunicato dal Papa Giovanni XXII sotto l’accusa di essere eretico.
L’esercito aretino rappresentato da Piero della Francesca
La dominazione fiorentina
Nel 1328 morì Guido Tarlati e il governo della città fu assegnato ai fratelli Pier Saccone e Tarlato, rivali del partito presieduto da Buoso degli Ubertini nominato vescovo da Giovanni XXII. Questo fatto, associato alle rivolte delle città assoggettate, alle guerre contro Perugia, alle avversità delle più importanti famiglie aretine, fece sì che i Tarlati si trovassero in grande difficoltà a governare. Nel 1337 Pier Saccone dovette accettare, (forse per amor di pace o per un compenso di una forte somma di denaro) che i Fiorentini spadroneggiassero su Arezzo per un certo periodo. Nel 1343 essendo stato cacciato da Firenze il duca di Atene, anche gli Aretini, approfittando della situazione, si ribellarono a Firenze riacquistando la propria autonomia. Numerosi furono i tentativi per la riconquista del potere in città, ma il più importante parve essere quello del vescovo Giovanni degli Albergotti. Costui non incontrò il favore popolare e il tentativo fallì. Nel 1384 Firenze approfittò delle lotte fra Carlo di Durazzo e Luigi d’Angiò per la conquista del trono di Napoli per occupare la città di Arezzo. Quindi il potere passò nelle mani di Carlo di Durazzo che mandò a governare Arezzo Jacopo Caracciolo. Nel Settembre 1384 la città fu occupata dal francese Enguerrand de Coucy che durante la sua discesa in Italia, con la scusa di aiutare Luigi d’Angiò, saccheggiò la città di Arezzo; mentre Caracciolo dovette rifugiarsi con i suoi nella fortezza chiamata cittadella. Firenze corruppe questo condottiero francese con una forte somma di denaro (40000 fiorini d’oro) e quindi ridiventò padrone di Arezzo. La situazione ad Arezzo, (dal punto di vista demografico), all’inizio del Principato mediceo risultava confortante perché, la popolazione, rispetto ai dati dell’inizio del XIV secolo (circa 18000 abitanti), era, come nelle altre città della Toscana, aumentata, (in totale si era arrivati a 22698 abitanti). Questo dato però non rimase costante per tutta la durata del Principato, secondo i risultati demoscopici del 1745, epoca in cui cessò la dominazione medicea. Mentre a Pisa, a Pistoia, a Firenze, la popolazione era aumentata, ad Arezzo era successo l’inverso: dai 22698 abitanti si era passati ad appena 17610. Tutto ciò ebbe inizio con la politica e il governo di Cosimo I (1519-1574) che modificò considerevolmente l’assetto urbano della città di Arezzo. A partire dal 1539 Arezzo subì consistenti modifiche ad opera del Granduca, che rivoluzionò in grande parte la struttura urbana: chiese, palazzi, torri e interi quartieri furono distrutti. Nel 1561 il Granduca procedette anche alla distruzione totale del Centro Sacro di Pionta per erigere al suo posto una nuova cinta muraria e fortificare ulteriormente la Fortezza di Sangallo. Le proteste non arrivarono altro che dal popolo aretino che però non ottenne niente. A Cosimo I successe Ferdinando I: l’unico Granduca che si possa ricordare per le sue opere ad Arezzo. Egli seppe ben investire il denaro ricavato dalle imposte sui suoi sudditi in una grande opera di bonifica della Val di Chiana.
I sigilli di Parte Guelfa in mostra ad Arezzo
Autore
Nicola Biagi