Il 20 settembre 1890, con i cantieri ancora aperti per ricostruire i palazzi in stile ecelettico nella piazza, venne inaugurato alla presenza del re, il monumento equestre a Vittorio Emanuele II, il quale diede il nome di allora alla piazza. Insieme ai palazzi che sorsero nella nuova piazza, sorsero anche i portici progettati da architetti allora molto in voga: Vincenzo Micheli, Luigi Buonamici, Giuseppe Boccini. A seguito di questa trasformazione, la piazza divenne una sorta di “salotto buono” della città; vi si affacciarono fin da allora palazzi signorili, alberghi di lusso, grandi magazzini ed eleganti caffè, tra cui il noto Caffè Le Giubbe Rosse, luogo d’incontro e di scontro di letterati ed artisti di grande fama.
Parallelamente alla campagna di rilevamento condotta da Corinto Corinti e in contemporanea con gli scavi che facevano riaffiorare la Florentia romana, sul nuovo e geometrico reticolo stradale cominciano a sorgere i nuovi edifici; si tratta di ampi palazzi dalla facciata regolare e simmetrica, nei quali la memoria del passato medievale lascia il posto alla reinterpretazione della Firenze dei secoli XV e XVI. Le nuove quinte edificate presentano un’innegabile omogeneità, volutamente agli antipodi rispetto alla precedente pittoresca varietà: assai simili, per non dire difficilmente identificabili, i due palazzoni che si fronteggiano ai lati della piazza dove a nord trovava posto il caseggiato Levi dell’architetto Giuseppe Boccini ed a sud quello progettato da Torquato del Lungo, ambedue caratterizzati da modeste citazioni del rinascimento fiorentino; elemento qualificante i due edifici sono i caffè Paszkowski, Gilli e delle Giubbe Rosse, la cui vastità ed eleganza era un’assoluta novità nel panorama architettonico e commerciale della città.
L’area dei portici fiorentini disegnata da Corinto Corinti insieme al tempio di Giove Capitolino
Realizzato su progetto di Vincenzo Micheli nel 1895, l’arcone, con i suoi richiami agli antichi archi di trionfo e nello stesso tempo agli ingressi delle ottocentesche gallerie urbane, è il simbolo della monumentalità che si volle conferire alla nuova piazza. Nel cartiglio che lo sovrasta è riportata infatti l’epigrafe dettata da Isidoro Del Lungo a memoria della grande operazione compiuta su “l’antico centro della città da secolare squallore a vita nuova restituito“. Maggiormente diversificati gli altri due lati: mentre il fronte ovest – opera di Vincenzo Micheli – presenta il tema continuo dei portici e dell’arco trionfale, posto a segnare l’asse viario che conduce a Palazzo Strozzi, uno dei più significativi esempi del rinascimento fiorentino, ed a riquadrare il monumento equestre al sovrano, quello est si divide in due edifici, diversi per linguaggio e destinazione: la lussuosa sede dell’Hotel Savoia, oggi Savoy, le cui facciate sono punteggiate da nicchie con statue, paraste e timpani, e la Galleria commerciale “Trianon”, oggi Rinascente, opera più semplice nel lessico e caratterizzata dalle numerose aperture in facciata. Caffè, ristoranti, alberghi, gallerie commerciali: la nuova architettura della piazza ha dunque la sua massima attrattiva ai piani terra, espressione di una città al passo con il gusto ed i piaceri dell’epoca. Ai lati dell’arcone disegnato dal Micheli vennero dunque realizzati i portici che furono decorati con intarsi di marmi colorati originari di tutta la penisola e recanti gli stemmi della tradizione fiorentina. Tra di essi anche l’aquila della Parte Guelfa, presentata nera anziché rossa, e il solito drago verde. La Parte Guelfa campeggia dunque anche in Piazza della Repubblica e la consapevolezza del suo significato simbolico era ancora ben viva alla fine del XIX secolo.
Piazza della Repubblica a Firenze all’inizio del XXI secolo
Il foro della romana Florentia nel I secolo dopo Cristo in un’illustrazione di Corinto Corinti
Autori
Marco Crisci e Andrea Claudio Galluzzo