Parte Guelfa celebra il grande Enrico Mattei, il quale durante la seconda guerra mondiale partecipò alla resistenza come partigiano guelfo, ovvero fu guida dei combattenti “bianchi” che, al fianco degli alleati, si riferivano all’area politica cattolica, dimostrandosi subito un valido condottiero e un buon diplomatico come ne disse in seguito Marcello Boldrini e come, in un contesto più drammatico, confermò Mario Ferrari Aggradi. Esplicativo resta il giudizio di Luigi Longo, del quale divenne amico personale: “Sa utilizzare benissimo le sue relazioni con industria e clero», essendo l’uomo di riferimento della Democrazia Cristiana nel CLN; in tale attività Mattei consolidò le sue amicizie con altri partigiani che rimasero per lui persone di riferimento nell’ambito della politica; in seguito, proprio fra i suoi compagni di resistenza avrebbe cercato, da presidente dell’ENI, gli uomini fidati cui affidare la sua sicurezza personale.
Andati vani alcuni tentativi di approccio, alla fine del 1942, con le organizzazioni clandestine antifasciste entrò nella resistenza nel 1943 con una lettera di presentazione di Boldrini che lo fece ricevere a Roma da Giuseppe Spataro, che in una clandestinità d’altro genere stava provando a riorganizzare il Partito Popolare dopo la stesura del cosiddetto Codice di Camaldoli a cura di Giorgio La Pira. Spataro lo accreditò presso i popolari milanesi e dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, Mattei cominciò a operare nelle Marche per il CLN. Alla formazione conferì inizialmente un apporto di natura logistica e organizzativa, procurando armi, vettovaglie e viveri, medicine, e altri generi utili; riuscì inoltre a intessere una rete informativa, nella quale coinvolse anche diversi parroci, grazie alla quale si procacciava informazioni “fresche” sugli spostamenti del nemico.
Nel corso del 1943 Mattei, pur di non collaborare allo sforzo bellico tedesco, fermò quasi del tutto l’attività della propria impresa, simulando comunque la prosecuzione del lavoro per evitare la deportazione degli operai. Dopo l’armistizio tentò di organizzare a Matelica una rete di resistenza, raccogliendo armi, vettovaglie e medicine che, con grande difficoltà, vennero nascoste a casa sua. Non appena la sua attività cominciò a destare attenzione, assunse il nome di battaglia di “Marconi” e quando le SS cominciarono a interessarsi più da vicino alla sua persona, perquisendogli la casa di Matelica, Mattei tornò a Milano dove, dopo un periodo di quiete, si mise a capo di una formazione operante nell’Oltrepò Pavese.
Arruolò un numero rilevante di volontari: dai 2.000 iniziali, al 25 aprile del 1945 se ne sarebbero contati oltre 40.000 e condusse diverse azioni militari, di tanto in tanto rientrando a Milano, dove Boldrini nel frattempo era preso dalla costruzione della nascente Democrazia Cristiana insieme a Giuseppe Dossetti, Amintore Fanfani, Ezio Vanoni, Augusto De Gasperi, fratello di Alcide, Orio Giacchi, Enrico Falck e altri futuri esponenti della DC. Nel 1944 Mattei fu chiamato a rappresentare le formazioni partigiane cattoliche nella Segreteria per l’Alta Italia della nascente DC di De Gasperi e Gronchi e divenne così un dirigente del partito.
Nel frattempo ottenne il diploma di ragioneria e si iscrisse insieme al fratello alla facoltà di Scienze politiche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Poco dopo divenne, su investitura di Giacchi, il rappresentante della DC presso il ramo militare del CLN. Divenne anche il capo militare delle bande partigiane cattoliche, e come tale si fece mediatore, ponendo in contatto le formazioni partigiane anche non cattoliche e il clero anche per evitare gli assassinii dei sacerdoti da parte dei partigiani di altro colore politico. Con Falck si diede alla raccolta di fondi e i due ebbero un discreto successo nell’attività, tanto che fu incaricato anche di amministrarli. Longo lo definì «il tesoriere del Corpo volontari della libertà, onesto, scrupoloso, imparziale». Fu poi vice capo di Stato maggiore addetto all’intendenza.
Il 26 ottobre del 1944 fu arrestato nella sede milanese della costituenda DC, insieme ad altri esponenti politici, dalla polizia politica della Repubblica Sociale Italiana. Recluso in un carcere di Como, ne evase il 3 dicembre dopo aver causato un’interruzione di energia elettrica nel carcere, riparando in Svizzera ma, rientrato subito in Italia, il suo ruolo al vertice delle organizzazioni partigiane crebbe ancora e Mattei si trovò in pratica a divenire l’interlocutore di Ferruccio Parri e di Luigi Longo, il quale svelò che era stato fra coloro che avevano chiesto che Mussolini e altri eventuali arrestati fossero «passati per le armi sul posto della cattura» anziché consegnati agli Alleati. Alla liberazione, Mattei fu uno dei sei esponenti del CLN, il 5 maggio 1945, in testa al corteo di tutti i partigiani riuniti accanto agli altri capi della resistenza, tra cui il socialista Ferruccio Parri e il comunista Luigi Longo.
Autore
Andrea Claudio Galluzzo