La guerra incide sul cambiamento climatico e sul riscaldamento globale. Parlando di guerra il primo pensiero va giustamente alla sofferenza alle persone. Ma è bene sapere che tra gli impatti devastanti ci sono anche quelli sull’ambiente, sull’ecosistema naturale, che non finiscono con il cessate il fuoco. La guerra in Ucraina ci allontana dalla giustizia, ma anche dagli obiettivi climatici. Ogni guerra provoca danni all’uomo e all’ambiente. Parlare dell’impatto ambientale di una guerra non è facile, pensando alle persone che hanno perso la vita, ai feriti, ai malati, ai rifugiati, ma è un ulteriore grave costo da sostenere a breve e lungo termine. La guerra ha un forte impatto immediato sull’ambiente e sulla natura, oltre a effetti che si vedranno a medio e lungo termine. Ma non occorre arrivare alla guerra: la costruzione, l’utilizzo e la movimentazione di interi apparati militari in tempi di pace causa gravi danni all’ambiente a livello ecologico.

I conflitti armati provocano danni diretti all’ambiente. Il movimento e l’utilizzo di mezzi militari distrugge interi habitat ed ecosistemi che non potranno più essere ripristinati. Non solo coltivazioni e campi, prati e zone boschive con piante e animali vengono distrutti in caso di conflitto armato e di movimento di truppe militari, insieme a fiumi, laghi, mari e oceani. La regione del Donbass, coinvolta nel conflitto armato seguito all’invasione russa dell’Ucraina, è già al centro di una catastrofe ambientale iniziata nel 2014. Si stima siano stati distrutti oltre 500 mila ettari di ecosistemi e 150 mila ettari di foreste. Il conflitto in corso che colpisce l’Ucraina la rende uno tra i paesi più inquinati d’Europa e del mondo. Uno dei principali impatti ambientali della guerra è l’aumento dell’inquinamento dell’aria e del suolo. Le polveri sottili aumentano in atmosfera e le macerie accumulate al suolo spesso contengono molte sostanze acide o tossiche. A questo primo tipo di inquinamento se ne aggiunge un altro: l’inquinamento delle acque. Nel medio e lungo termine le sostanze e i metalli accumulati al suolo passano nella falda acquifera e inquinano le acque che diventano non potabili. I metalli e le terre rare che le armi contengono sono costati in termini economici e sociali per la loro estrazione. Il loro ciclo di vita come prodotto non si chiude: restano nell’ambiente invece di essere smaltiti correttamente. Senza contare che l’inquinamento di aria, acqua e suolo crea numerosi danni alla salute umana e a quella di animali e piante. Tra gli impatti più pesanti che la guerra ha sull’ambiente vi è dunque l’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera. Le stime ci dicono che un mese di guerra tra Russia ed Ucraina potrebbe portare ad emissioni di anidride carbonica nell’aria pari a quelle emesse in un intero anno da una città come Bologna o Firenze. Ma il danno che più si teme parlando di guerra resta l’inquinamento di tipo nucleare e radioattivo. Oltre ad un effetto drastico immediato sulla popolazione, la natura e il paesaggio, i suoi danni si prolungano nel tempo. I residui nucleari e radioattivi permangono sul territorio per decenni e costituiscono un ulteriore pericolo per la natura, l’ambiente e l’uomo. Asma e malattie polmonari, tumori e cancro, malformazioni e malattie genetiche sono nella memoria di chi ha vissuto negli anni del disastro nucleare di Chernobyl. Tra i principali danni che la guerra provoca a livello ambientale c’è inoltre il notevole consumo di risorse energetiche e da fonti fossili. Petrolio e gas sono consumati in grandi quantità per esercitazioni militari e durante i conflitti armati. Per avere un’idea dei consumi dei mezzi militari, un carro armato leggero consuma 300 litri di combustibile per 100 chilometri e immette oltre 600 kg di CO2 in atmosfera. Un caccia F-35 utilizza oltre 400 litri di carburante ogni 100 chilometri e immette in atmosfera un’enorme quantità di anidride carbonica: circa 28.000 chilogrammi per ogni missione di volo. Senza contare quanto i conflitti armati portano gli abitanti delle zone di guerra ad emigrare. Nell’immediato si creano campi profughi che sono anch’essi fonte di inquinamento del suolo e dell’acqua, con gravi problemi di igiene e salute personale e difficoltà nell’effettuare una raccolta differenziata dei rifiuti. Problemi ancor più importanti in questi anni nei quali sono avvenute pandemie. Il danno economico della guerra incide nell’immediato e nel futuro su intere popolazioni. L’emigrazione porta a povertà, conseguente anche all’aumento dei prezzi. E la povertà porta a differenze sociali che innescano disordini civili. Il danno economico di una guerra è strettamente collegato all’inquinamento ambientale e ai cambiamenti climatici. Non solo le guerre, ma anche eserciti ed armamenti militari hanno un grosso costo economico ed ecologico. Le emissioni militari di gas serra non sono conteggiate nei trattati internazionali sul clima, come COP26. Dunque l’inquinamento mondiale risulta essere molto sottostimato: perciò l’Osservatorio sui Conflitti e l’Ambiente, Conflicts and Environment Observatory, ha promosso una raccolta firme per convincere i Governi a ridurre le emissioni militari di gas serra. In questi anni di riscaldamento globale, cambiamenti climatici e pandemie serve denaro da investire. Molti sono a favore di una riduzione delle spese militari in modo da utilizzare queste risorse economiche per l’ambiente, il clima, le persone. La pandemia sembra invece aver portato ad una maggiore competizione tra gli Stati: questo comporta che, se un paese si arma, se ne armano altri per paura di essere impreparati ad affrontare un attacco militare. In conclusione, i danni che la guerra porta sono enormi anche per la natura e l’ambiente: dalla distruzione degli ecosistemi, all’inquinamento di suolo, aria e acqua, fino all’aumento di anidride carbonica nell’aria che peggiora il riscaldamento globale e inasprisce il cambiamento climatico.

 

Autori

Alison Joy Burrows a Andrea Claudio Galluzzo