Dopo le battute di arresto dell’accordo di Parigi, con l’abbandono dei protocolli d’intesa e degli impegni presi e già sottoscritti dagli USA, la “latitanza” da tutti i tavoli di Cina, India, Brasile e Federazione Russa e gli esiti poco edificanti del recentissimo G20 di Roma, tutti i riflettori erano accesi sull’appuntamento di Glasgow. I lavori, le stime, le misure adottate e quelle in adozione, così pure i progetti di sviluppo ecosostenibile presentati dai 21695 delegati dei 197 Paesi e dagli 11734 rappresentanti delle “organizzazioni non governative” intervenuti al COP26, il loro confronto pacifico e costruttivo, ha portato a delle “conclusioni” quasi insperate!
Risposte coerenti e sollecite alle grida di allarme provenienti da tutto il pianeta, in tema di inquinamento sia terrestre che marino, l’esigenza di ridurre le emissione di anidride carbonica nell’atmosfera concausa dell’innalzamento della temperatura globale, la desertificazione di vaste aree, il colposo disboscamento dei “polmoni” della Terra, l’adozione urgente di misure più incisive volte ad una maggiore e più equa ripartizione delle risorse ambientali e alimentari sia vegetali che animali.
Dal che, l’impegno a ridurre sensibilmente l’utilizzo del carbone, grazie anche all’adozione di nuovi criteri di approvvigionamento energetico provenienti da fonti alternative di “energia pulita”, in primis da parte dei Paesi in via di sviluppo e di quelli maggiormente inquinanti. L’obiettivo di limitare ad 1,5 gradi centigradi il riscaldamento globale, rispetto ai livelli pre-industriali con significative riduzioni dei gas serra prodotti sino a raggiungere “emissioni zero” entro il 2050; accelerare il processo di progressivo abbandono di combustibili fossili, parimenti raddoppiando (rispetto ai fondi dedicati fino al 2019) il finanziamento internazionale nei confronti dei Paesi più vulnerabili del “terzo mondo”, guidandoli ad una nuova politica di transizione ecologica.
Interventi radicali e programmatici sicuramente ambiziosi ma quanto mai necessari, proprio perché i cambiamenti climatici in atto possano rallentare, mitigando le infauste prospettive di irreversibilità. India e Cina nella prima fase avevano posto il loro “veto”, chiedendo poi un “alleggerimento” del carico di interventi da dover sostenere con un sostanziale prolungamento dell’arco temporale, richiesta ob torto collo accordata, condizione che tuttavia ha consentito di “trattenerli a bordo”, arrivando a sottoscrivere apertis verbis protocolli chiari di trasparenza.
Il britannico Alok Sharma Presidente di Cop26, a conclusione dei lavori ha dichiarato:”Abbiamo chiesto a tutte le nazioni di unirsi a noi per amore del pianeta e loro hanno risposto al nostro invito. Ringrazio i leader, i negoziatori e gli attivisti che si sono prodigati per siglare questo accordo che resta fragile per sua natura, richiedendo ora e più che mai, un’opera di persuasione sia politica che diplomatica per il raggiungimento del giusto compromesso”.
Guardare ad uno sviluppo integrale, sostenibile ed omogeneo che abbia quali attori l’umanità intera, chiamata responsabilmente a salvaguardare la “casa comune” con spirito di fraternità e di equità sociale, vie che richiamano fortemente si l’Evangelo e la dottrina sociale della Chiesa, ma sulle quali sono invitati a camminare congiuntamente uomini e donne di ogni età e di ogni confessione, anche coloro che non sentono alcuna appartenenza religiosa e si professano atei, tutti indistintamente chiamati a riscoprire e a dar voce alla propria coscienza etica e a dimostrare fattivamente con le azioni quotidiane il proprio amore per il creato.
Con questa “esortazione” -fatta da Papa Francesco alla vigilia dell’apertura di Cop26- si è inteso così sottolineare la necessità di costruire il futuro del pianeta sulle solide fondamenta dei principi di “universalità”, quindi di condivisione e di “solidarietà”; temi di sensibilizzazione tutt’altro che disattesi nel documento conclusivo siglato domenica scorsa a Glasgow.
Temi di grande attualità già ampiamente affrontati dal 2015 ad oggi con le lettere encicliche “Laudato sì” e “Fratelli Tutti”, per quella che potremo definire un’attenta e mirata catechesi, fortemente legata alle sfide e alle insidie del tempus vivendi, finalizzata all’incoraggiamento del dialogo, alla promozione del pacifico confronto, imparare a guardare al divenire con speranza, lavorando sinergicamente con fiducia e determinazione.
Per la prima volta e ufficialmente, il tema ecologico entra a far parte del magistero pontificio. Mai un Romano Pontefice aveva dedicato un’enciclica alla cura del creato. Un testo che, a distanza di sei anni dalla sua pubblicazione, non ha perso assolutamente la sua attualità, anche alla luce del mutato scenario globale fortemente segnato dalla recente pandemia. E non hanno perso nemmeno forza le durissime denunce in esso contenute. Nonostante le inusitate polemiche e le contestazioni rivolte alle suddette “epistole papali”, va riconosciuto il merito di una visione lungimirante e di aver saputo allargare la visione della dottrina sociale della Chiesa al concetto di green, alle politiche ambientaliste.
“Laudato si’ è stata pensata proprio per essere una bussola, così da orientare i comportamenti dell’uomo del futuro, sensibilizzare le nuove generazioni, lavorare per l’avvenire dei figli, dei nostri figli nel loro compito non facile di lievito per difendere l’ecologia integrale, il testimone generazionale in una nuova formula dietro la quale si sviluppi un progetto capace di difendere l’armonia complessiva del pianeta, la vita in ogni sua manifestazione, il rapporto tra mondo vegetale e mondo animale. Un vero e proprio “spartiacque” tra la miseria del fallimento umano e l’affermazione di una nuova forma di solidarietà universale che sappia valorizzare le esigenze del genere umano e del suo habitat più del profitto.
Parte Guelfa ha potuto seguire in diretta streaming tutti i lavori di Cop26 e plaude all’accordo di Glasgow 2021, tanto più per la valorizzazione di tutte le iniziative indirizzate alla salvaguardia ambientale poste in essere anche dalle organizzazioni non governative, nella consapevolezza di partecipare già attivamente come inter pares e non da semplici spettatori alla “grande scommessa”.
I nostri Cavalieri e le nostre Dame, tutti animati da generosa dedizione, vengono indistintamente coinvolti e formati divenendo così “custodi consapevoli del creato” , ovvero incarnando tutti i valori etici suddetti, chi nell’esercizio della propria professione, chi come i “ Dragoni” partecipando alle diverse espressioni di volontariato e alle attività di vigilanza e di monitoraggio e di salvaguardia della biodiversità nelle aree protette e nei parchi pubblici, tanto in Italia quanto all’estero e da chi, impossibilitato, partecipa sostenendo economicamente tutte le nostre iniziative.
Negli ultimi sei mesi sono stati tenuti già 3 corsi di “ educazione ambientale”, in seno ai quali vengono trattati argomenti specifici come la storia e la tradizione di Parte Guelfa, la politica ambientale in Italia e in Europa, focus sull’Agenzia Europea dell’Ambiente, il danno e i reati ambientali, i rifiuti e la loro catalogazione e trattamento, elementi di diritto penale e tecniche di rilevamento.
La formazione curata e il buon esempio che passano attraverso il nostro “servizio” e la nostra condotta sia individuale che familiare, rappresentano la pietra di volta, gli strumenti attraverso i quali Parte Guelfa partecipa alla politica di sensibilizzazione globale.
Questo è il momento della verità e la Terra ci vuole audaci: NOI CI SIAMO!
Cor unum anima una!
Autore
Massimiliano Pulvano Guelfi