La Porta Guelfa è presente nella carta di Firenze realizzata da Leonardo da Vinci che presenta la città agli inizi del XVI secolo in forma schematica e idealizzata. Purtroppo, nel Settecento, con un processo graduale, il Granduca Leopoldo I ovvero Pietro Leopoldo di Lorena, oltre ad azzerare molte tradizionali istituzioni fiorentine, aveva già smilitarizzato tutta la regione, lasciando un minimo esercito con funzioni puramente di rappresentanza, per cui tutte le strutture militari vennero abbandonate e solo in parte riconvertite.
Nel 1865 Firenze diventò capitale d’Italia e, sebbene sia stato solo un breve lasso della storia cittadina, gli effetti sull’urbanistica furono notevolissimi e terribili. Si aprì l’epoca del cosiddetto Risanamento durata fino all’inizio del Novecento, che prevedeva la modernizzazione del volto cittadino attraverso una riedificazione vera e propria in chiave più “decorosa” e celebrativa. Il fautore di quest’opera fu inizialmente l’architetto Giuseppe Poggi, che realizzò i viali di Circonvallazione a partire dal 1870 e si macchio della demolizione di torri e porte tra cui anche la Porta Guelfa. Nella sua carta di Firenze Leonardo indica col loro nome solo dieci delle porte presenti nella seconda cerchia muraria comunale della città, iniziata nel 1284. Pospone San Miniato e San Giorgio e finisce per indicare in posizione errata, in coincidenza a quella che corrispondeva alla Porta di Camaldoli, oggi sui viali all’altezza di Piazza Torquato Tasso, la Porta San Pier Gattolini o “Ghattolini”, oggi Porta Romana. Omette, oltre alla stessa Porta di Camaldoli, nota anche come Porta Volterrana, Porta dei Servi poi distrutta e che si trovava all’altezza di quella che è oggi Piazza Isidoro del Lungo e facilitava l’accesso dei fedeli alla Santissima Annunziata, Porta La Croce o di Sant’Ambrogio, in quella che è oggi Piazza Beccaria e Porta Guelfa anch’essa purtroppo distrutta la quale si trovava all’altezza di quello che è oggi lo sbocco di Via Ghibellina su Viale della Giovine Italia. Leonardo non tiene conto delle postierle che affiancano Porta al Prato, anche se studia il corso del Mugnone che la lambisce, ovviamente prima della deviazione al di là della cinquecentesca Fortezza da Basso, e la “Sardigna”, oggi in prossimità del Teatro Comunale, dove venivano abbandonate le carcasse degli animali.
Porta alla Croce e Porta Guelfa
Partendo dalla riva sinistra dell’Arno e andando in senso orario, iniziando dal corso dell’Arno a monte di Firenze, Leonardo indica nella carta RLW 12681, databile attorno al 1515: “S. Nicholò “: Porta San Niccolò; edificata intorno al 1324, attribuita anche ad Andrea Orcagna; tuttora esistente in Piazza Poggi, ai piedi delle Rampe ottocentesche che salgono a Piazzale Michelangelo. È la più alta, ben 45 metri, non essendo stata ribassata o meglio “scapitozzata” nel XVI secolo. Leonardo la ricorda anche verso il 1504 nel Codice Arundel: «Il muro delle Casacce si dirizza alla porta di San Nicolò». “Sanminiato”: Porta San Miniato; realizzata prima del 1324 nella cinta muraria del 1258, tuttora esistente ai piedi di Via Monte alle Croci. Leonardo la pospone verso destra. “Giorgo”: Porta San Giorgio; costruita con la sesta cerchia muraria nel 1324, in base al progetto attribuito ad Andrea Orcagna; tuttora esistente tra Forte Belvedere e il Bastione Bardini. Leonardo la indica nella posizione dell’attuale Porta Romana. “Ghattolini”: Porta Romana o “Porta Ghattolini”, in antico Porta di San Pietro Gattuari o Porta a San Pier Gattolino; costruita intorno al 1328, in soli 4 anni, su disegno di Jacopo Orcagna, è la più grande fra quelle tuttora esistenti, anche se l’antiporta fu demolita in occasione dell’ingresso di papa Leone X Medici nel 1515. La porta si trova all’estremità di via Romana, in prossimità del Convento della Calza. Leonardo la indica erroneamente nella posizione della Porta di Camaldoli o Porta Volterrana. “San Frediano”: Porta San Frediano; costruita nel 1324, attribuita ad Andrea Pisano, detta anche “della Verzaia” per gli orti fuori porta; tuttora esistente. Subito sopra a questa, un cerchio senza denominazione, potrebbe indicare il Torrino di Santa Rosa.
Sulla riva destra dell’ArnoLeonardo riporta: “Porta” scritto da Leonardo sotto il Ponte alla Carraia riferendosi alla Postierla del Prato o Porticciola delle Mulina o del Prato d’Ognissanti; distrutta, si trovava in prossimità della Pescaia di Santa Rosa e del Ponte alla Carraia, là dove è attualmente il Consolato Americano. “Prato”: Porta a Prato; tuttora esistente, fu costruita intorno al 1285 e ridotta in altezza nel 1526, per essere meno esposta agli attacchi dell’artiglieria. Prende il nome dal grande piazzale antistante, detto Il Prato, o della Porta al Prato, che anticamente non era lastricato e veniva utilizzato per il mercato settimanale del bestiame. Leonardo schizza il corso del Mugnone che scorre lungo le mura prima di confluire in Arno, a fronte di Porta San Frediano. “Faenza”: Porta Faenza; faceva parte dell’ultima cerchia muraria del XIII secolo; si erge ancor oggi in fondo a Via Faenza, così chiamata dal nome del vicino monastero delle Monache di Faenza. Tra il 1534 e il 1537 fu inglobata nel mastio dall’attuale Fortezza da Basso, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane con lo straordinario effetto plastico in cui si alternano bozze emisferiche e a diamante. ” Ghallo”: Porta San Gallo; prossima alla chiesa e all’Ospedale di San Gallo, costruita nel 1284, attribuita ad Arnolfo di Cambio. La torre era più alta, ben 35 metri, ma fu ridotta nel XVI secolo per uniformarla con le altre. Si trova al centro di piazza della Libertà, di fronte all’Arco di Trionfo settecentesco. “Pinti”: Porta Fiesolana o a Pinti; il nome è probabilmente derivato dai “pentiti”, i penitenti che si ritiravano nel vicino convento fuori porta. Distrutta, si trovava nell’attuale Piazza Donatello, all’inizio di Borgo Pinti. “Giusstitia”: Porta della Giustizia o Torre Reale; costruita nel 1316, al tempo di re Roberto di Napoli, detta “della Giustizia” perché la attraversavano i condannati a morte che, tramite via de’ Malcontenti, raggiungevano il luogo di esecuzione fuori porta. Fu detta poi “della Zecca Vecchia” quando vi fu trasferita la Zecca fiorentina dal retro della Loggia della Signoria. Distrutta, era prossima alla superstite Torre della Zecca. Leonardo cita anche il “Muro d’Arno” e la “Pescaia della Giustizia” nel Ms. L e nel Codice Leicester (13A-13r). Interassante il promemoria del Codice di Madrid II: «Guarda domattina li abetelli della Porta alla Giustizia se son boni per tal motivo».
La Porta Guelfa in una foto della fine del XIX secolo
Autore
Andrea Claudio Galluzzo