Gli eventi di questi ultimi mesi fra i quali in particolare il rapporto del gruppo di ricerca dell’ONU sui cambiamenti climatici, che ha portato le prove di uno stato della terra come mai si è avuto da centinaia di migliaia di anni, e il Congresso internazionale di Glasgow che ha dimostrato l’impotenza dei governi ad affrontare la situazione, impongono di approfondire i significati, le responsabilità e i possibili compiti della nostra confraternita. Il protettore della Parte Guelfa è San Lodovico d’Angiò di stirpe regale che rinuncia ai suoi diritti di successione al trono di Napoli per mettersi sulle tracce di San Francesco d’Assisi e un genere più profondo di sovranità e regalità, un genere che può incarnare chiunque sia disposto ad avviarsi in una certa direzione. La traduzione nel nostro tempo del Cantico delle Creature di San Francesco fatta da papa Francesco nell’enciclica Laudato sì, rivolta a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, indipendentemente dal loro credo religioso, è un documento essenziale per ispirare e sviluppare le nostre responsabilità e i nostri compiti.
In Italia e in molti paesi del mondo continuano ad apparire nuovi gruppi che cercano di prendere decisioni in armonia con questa enciclica. I cavalieri di Parte Guelfa non si chiamano così solo perché vanno a cavallo, ma molto più perché intendono vivere l’etica della cavalleria, che è la difesa della giustizia e in particolare di coloro che non sanno o non possono difendersi, fra i quali dobbiamo sicuramente contare le future generazioni. Le condizioni in cui si trova la natura sono talmente gravi che è impensabile poterle affrontare da soli. Fra i nostri compiti oggi c’è perciò anche quello di scoprire tutte le comunità e i gruppi che a vario titolo hanno la nostra stessa direzione e fare il possibile per metterli in collegamento in un comune progetto, nel quale ognuno sia come persona che come comunità trovi la migliore espressione della propria vocazione. La premessa è non aspettare che sia convinto il governo, i partiti o i responsabili delle istituzioni, ma muoverci noi sia come persone che come comunità, ciascuno nel suo territorio.
Come persone potremmo riassumere in un elenco 10 impegni pratici per il prossimo anno:
1. Organizzare bene in casa propria la raccolta differenziata e il riuso;
2. Ridurre a 100 kg l’anno la personale produzione di rifiuti;
3. Controllare mensilmente i consumi di acqua e ridurli;
4. Controllare mensilmente i consumi di energia e sviluppare l’efficienza energetica;
5. Comprare biologico, il più possibile dai produttori;
6. Coltivare ortaggi anche solo su un balcone o in una terrazza o in pezzo di terra o aiutare chi lo fa;
7. Piantare un’acacia o un albero nel proprio territorio;
8. Andare a piedi e in bicicletta il più possibile;
9. Utilizzare i mezzi pubblici meno inquinanti o rendere la propria macchina un servizio anche per altri;
10. Collaborare ad azioni di solidarietà anche premendo sulle istituzioni perché cambino le loro politiche ecologiche.
Come comunità è essenziale una profonda trasformazione della società nei sette campi delle Opere di Misericordia.
Per “dar da mangiare agli affamati” bisogna purificare il territorio coltivabile da ogni inquinamento e sviluppare le forme di coltivazioni più sane, meno dipendenti dalla tecnologia e capaci di produrre negli stessi campi il maggior numero di alimenti diversi che aumentino la fertilità della terra. Possiamo visitare il territorio, analizzarlo, raccogliere informazioni e contatti sugli abitanti che condividono i nostri scopi e con loro cercare di premere sulle istituzioni per ottenere i provvedimenti che aiutino la rinascita dell’agricoltura locale.
Per “dar da bere agli assetati” bisogna purificare da ogni inquinamento le acque che scorrono sul territorio, nelle sue falde, nella terra. Possiamo, insieme agli abitanti sensibili alla tutela di questo bene comune per tutti, tenere sotto osservazione le sorgenti, i corsi d’acqua, i pozzi, e gli attingimenti in modo da aiutare il riformarsi di usi comunitari e non solo egoistici nell’uso delle acque.
Sul “vestire gli ignudi” possiamo imparare e diffondere le migliori novità sugli abiti che rispettano la natura, le piante, gli animali e gli esseri umani riflettendo insieme anche sulle vere necessità.
Sull’ “ospitare i pellegrini”, possiamo collaborare alla rinascita di uno spirito comunitario e ospitale nelle città, ricostruendo un’organizzazione di rioni, mescolando le funzioni abitative, di lavoro e i servizi anche di controllo sociale aiutando o compensando, in loro mancanza, i vigili di quartiere. È chiaro che occorrono provvedimenti pubblici in questa direzione e dovremo appoggiarli se non promuoverli.
Sul “visitare gli ammalati”, un’opera resa impossibile dai provvedimenti anti-covid, si potrà essere vicini ai familiari e si dovrà collaborare a forme organizzative e tecniche che la rendano possibile quasi in ogni circostanza almeno per i congiunti. Potremo aiutare a premere sulle istituzioni per gli opportuni cambiamenti nel potenziamento della medicina del territorio, anche nel senso di un maggior rispetto della natura.
Sul “visitare i carcerati” possiamo, in collaborazione con le organizzazioni di aiuto ai carcerati, promuovere corsi di formazione nelle discipline ecologiche delle nuove forme di agricoltura senza veleni, di impianti per il risparmio energetico, la riduzione e il riciclaggio dei rifiuti ecc. perché si aprano davanti a loro possibilità di lavoro importanti nella trasformazione della società.
Infine sul “seppellire i morti” possiamo, oltre a difendere i cimiteri tradizionali in terra, aiutare e presidiare ogni forma di riduzione e riciclaggio dei rifiuti, schierarci a favore di grandi aumenti della vita di ogni oggetto d’uso, combattendo efficacemente il consumismo e gli sprechi.
Sono orientamenti generali, la cui ispirazione viene dallo studio della natura piena di scoperte materiali e spirituali insieme.
Autore
Giannozzo Pucci di Barsento