La scelta dei colori fatta dal pittore Benozzo Gozzoli nell’affresco della cappella di Palazzo Medici-Riccardi è chiarissima: prevalgono ampiamente il rosso, il bianco e il verde. Si tratta, forse non per caso, degli stessi pigmenti della Parte Guelfa. I simboli guelfi e medicei sono seminati difatti nel fastoso e solenne viaggio dei Magi, rappresentato dal Gozzoli nella cappella di Palazzo Medici, che parte da Gerusalemme – bianca città fortificata in alto sulla parete orientale, a destra entrando – e si dispiega lungo le tre pareti in senso orario in direzione di Betlemme, cioè verso la scarsella della cappella palatina costruita per volere di Cosimo il Vecchio. I magi sono rappresentati secondo l’iconografia tradizionale dei tre re, ognuno con un dono da offrire al Bambino che sono oro, incenso e mirra: Gasparre è il re più giovane, Baldassarre è quello dalla pelle scura e in età matura, Melchiorre in rosso è il più anziano in testa al corteo. Nell’affresco, il saldo impianto prospettico della composizione si coniuga con la ricchezza dei particolari, con il gusto della narrazione mondana e fiabesca.
Per produrre tale effetto di magnificenza, l’artista utilizzò materiali rari e costosi, quali il lapislazzuli destinato ai fondali azzurri, le lacche lucenti, l’oro scintillante alla luce tremula delle candele. Ma tra tutti i colori emergono sempre il bianco, il rosso e il verde che altro non sono che espressioni di cristianità per il loro significato più profondo: il Bianco della Fede, il Verde della Speranza e il Rosso della Carità.
Bianco, rosso e verde, colori prevalenti nella Cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli
I volti dei personaggi – ritratti dei Medici, ma anche di loro alleati, collaboratori, ospiti illustri -, il paesaggio florido e vario, le piante e i fiori, gli animali anche esotici, i costumi, le oreficerie, le bardature, invitano l’osservatore a sostare su infiniti dettagli e ammirarne la preziosità e la descrizione vivace e minuta. La celebrazione dei Medici e della loro consorteria passa anche attraverso le innumerevoli citazioni delle ‘palle’ dello stemma e dei simboli tratti da ‘divise’ o imprese disseminate nelle vesti, nei finimenti, negli accessori dei personaggi e alluse probabilmente dalla presenza di certi animali, come l’aquila, il falcone nella parete orientale e il pavone nella scarsella, e dalla scelta di colori, come il rosso, il bianco e il verde, tutti contenuti nell’emblema della Parte Guelfa recante “D’argento – ovvero uno scudo bianco – all’aquila di rosso brancante un drago verde e sormontata dal giglio fiorentino”.
La ricchezza della parata medicea della Cavalcata dei Magi di Benozzo Gozzoli
IL RACCONTO DEL VANGELO DI MATTEO E L’ICONOGRAFIA DEI SANTI RE MAGI
Sul sagrato della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, l’Arcivescovo Metropolita di Firenze il Cardinale Giuseppe Betori ha letto un brano del Vangelo di Matteo (Mt 2,1-12): “Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». All’udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s’informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra natale di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele.” Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo». Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.”
Bianco, rosso e verde nel mosaico del VI secolo dopo Cristo raffigurante i Santi Re Magi coi doni presso Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna
Quasi di mille anni più antica degli affreschi di Benozzo Gozzoli a Palazzo Medici-Riccardi di Via Larga a Firenze, è la più importante raffigurazione dell’adorazione dei Magi giunta intatta fino ai nostri giorni e posta nella basilica imperiale di Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna, la quale, sempre un marcato utilizzo dei toni rossi, bianchi e verdi, completa lo schema iconografico che accosta all’immagine della Vergine in trono i sapienti venuti dall’Oriente per adorare Gesù posto sul suo grembo. La Vergine assurge, in quell’opera ed a pieno titolo, la Theotókos, la Madre di Dio, titolo cristologico formulato nel terzo Concilio Ecumenico, svoltosi ad Efeso del 431. Sull’iconografia dell’adorazione dei Magi, vestiti di panni bianchi, rossi e verdi, tornano molto utili le antichissime parole che San Pietro Crisologo, vescovo ravennate nella prima metà del V secolo, pronunciò sull’Epifania, affinché i fedeli vengano guidati all’incontro di Gesù, vero Dio e vero Uomo: “Quantunque nello stesso mistero dell’incarnazione del Signore siano sempre apparsi chiari i segni della sua divinità, la solennità dell’epifania in molti modi spiega e rivela tuttavia che Dio è venuto in un corpo umano, perché i mortali, avvolti sempre nell’oscurità, non perdano, per la loro ignoranza quello che meritarono di avere e di possedere per una grazia così preziosa. Infatti, Colui che volle nascere per noi non volle essere da noi ignorato; perciò si rivela così, affinchè il grande mistero della pietà non diventi una grande occasione di errore. Oggi il mago trovò vagiente nella culla Colui che cercava fulgido tra le stelle. Oggi il mago ammira luminoso nelle fasce quello che a lungo sopportava oscuro tra le stelle. Oggi il mago circonda di profondo stupore ciò che vede e dove: il cielo in terra, la terra in cielo; l’uomo in Dio, Dio nell’uomo; e vede racchiuso in un piccolissimo corpo chi non può essere contenuto da tutto il mondo. Perciò il mago, poiché non riesce a indagare e non può comprendere, subito adora. Vede, infatti, che non brillano così in cielo le stelle, la luna, il sole, come contempla che in terra era luminoso un corpo. Vede che in un unico e medesimo corpo si era dato convegno il rapporto tra la divinità e l’umanità. Costui, mentre lo crede Dio, lo riconosce re, comprende che dovrà morire per amore del genere umano, con pensiero timoroso considera come un Dio possa morire, in che modo possa essere ucciso il Restauratore della vita, e così il mago cessa di ricercare con l’arte ciò che con l’arte non può trovare. E poiché vede che con gli astri erranti ha errato a lungo nel cielo, il mago gode di essere giunto sulla terra a Dio sotto la guida di un’unica stella e capisce che tutte le cose che sembrano chiare in cielo agli occhi umani, sono oscurate da profondi misteri; e, ormai vedendo, con doni misteriosi confessa di credere e di non indagare: con l’incenso lo riconosce Dio, con l’oro re, con la mirra destinato a morire. Il mago vide Cristo e tese le mani. Il mago, coi suo doni, aveva già confessato che Cristo era Dio. Ecco perché il pagano, che era l’ultimissimo, divenne il primo, perché allora dalla fede dei Magi fu consacrata la credulità dei pagani…”.
IL SIMBOLISMO DEI COLORI NELLE VIRTÙ TEOLOGALI
Questi tre colori sacri corrispondono con diversa valenza anche a quelli della nostra bandiera nazionale ma stanno, soprattutto, alla base della liturgia cattolica, insieme al nero ed al viola, significando le virtù teologali fede, speranza e carità. La fede è la virtù per la quale l’uomo crede in Dio e a tutto ciò che egli gli ha rivelato e che la Chiesa gli propone a credere, perché secondo la dottrina cristiana cattolica Dio è la stessa Verità. Secondo la religione cristiana, con la fede l’uomo si abbandona liberamente e completamente a Dio per fare in pieno la sua volontà. Per la dottrina cristiana, la speranza è la virtù per la quale l’uomo desidera e aspetta da Dio la vita eterna come sua felicità, riponendo la sua fiducia nelle promesse di Cristo e appoggiandosi all’aiuto dello Spirito Santo per meritarla e preservarla sino alla fine della vita terrena. La carità è la virtù per la quale l’uomo ama Dio al di sopra di tutto e il suo prossimo come se stesso per amore di Dio. Secondo i cristiani, Gesù fa di essa il comandamento nuovo, ovvero la pienezza della Legge di Dio. La carità è il vincolo di tutte le altre virtù, che anima, ispira e ordina, poiché la vera gratuità e lo spessore del vero amore è realizzato solo in nome di Cristo. Tutto è amato e accolto in nome Suo. Ciò che è amato al di fuori di lui è ugualmente un amore ma un amore imperfetto. La carità rimane l’unica opportunità per l’uomo d’oggi ovvero la sua trasformazione in homo novus, e nel contempo un monito, colmare il vuoto di carità per quel tanto di dolcezza che cade dal cielo con la luce del sole.
Sovra candido vel cinta d’uliva
Donna m’apparve, sotto verde manto
Vestita di color di fiamma viva
Dante, Purgatorio, Canto XXX, 30-33
Bianco, rosso e verde erano anche i colori preferiti nel secolo XV per le insegne personali e gli emblemi gentilizi. La simbologia dei tre colori risulta per eccellenza polisemica e muta il valore a seconda delle istanze che stanno alla base della sua adozione e dei relativi contesti. Ammantata di questi tre colori è la Beatrice che compare a Dante alla fine della Cantica del Purgatorio che gli si presenta “sotto manto verde”. Impossibile non associare questa immagine al mantello verde che, da otto secoli, distingue i Cavalieri di Parte Guelfa di Firenze.
LE PROCESSIONI NELLE SACRE SCRITTURE E LA CAVALCATA DEI MAGI COME PELLEGRINAGGIO
La fiorentina Cavalcata dei Magi deve a pieno titolo considerarsi un pellegrinaggio del popolo che va incontro al suo Signore. Questa magnifica tradizione medicea richiama il pellegrinaggio della vita, riallacciandosi non solo alla ricerca del figlio di Dio dei Santi Re Magi venuti da Oriente e giunti fino a Betlemme, ma anche al grande cammino d’Israele attraverso il deserto per raggiungere la terra promessa. Il popolo cristiano cammina andando incontro al suo Signore. Le prime menzioni di una processione nella Sacra Scrittura ricorrono in tre testi: all’occasione del passaggio del fiume Giordano (Gs 3-4), per la presa della città di Gerico (Gs 6) e all’occasione del trasferimento dell’Arca a Gerusalemme (2Sam 6). Nel primo e secondo testo, l’Arca del Signore cammina innanzi ad Israele portata dai sacerdoti a seconda delle indicazioni di Yhwh. Il terzo testo è ancora più ricco di dettagli e ci insegna tanto sul modo di vivere una processione nel frangente della salita di Davide sul trono di Israele e Giuda. Inoltre l’ingresso di Gesù a Gerusalemme raccontato dai vangeli (Mt 21,1-9; Mc 11,1-10; Lc 19,8-38) non è una processione come tale ma piuttosto un corteo di pellegrini in cammino verso Gerusalemme per la Pasqua giudaica. Le acclamazioni rivolte a Gesù sono acclamazioni di benvenuto rivolte a quelli che venivano da fuori. Ovviamente a Gesù un’accoglienza speciale viene fatta conoscendo la sua fama (Gv 12,17-18). Il contenuto delle acclamazioni la dicono lunga sull’identità di Gesù. La gente di Gerusalemme si è disposta lungo il cammino come ogni volta che si è trattato di accogliere qualche personaggio illustre o autorità. All’occasione delle feste i pellegrini si recavano a Gerusalemme per offrire sacrifici ed olocausti al Signore per diversi motivi (Lev 1-7).
L’entrata di Gesù in Gerusalemme nei mosaici di San Marco a Venezia
La Cavalcata dei Magi assume dunque il significato di pellegrinaggio, viene realizzata in onore di Dio e chi vi partecipa occorre che si sforzi di esprimere sempre devozione autentica senza mai cadere nella superstizione, affinché non perda la sua anima che sta nella ricerca dell’incontro con Dio.
LA PARTE GUELFA ALLA CAVALCATA DEI MAGI 2017
I Cavalieri di Parte Guelfa hanno preso parte per la prima volta nel XXI secolo alla Cavalcata dei Magi con spirito sincero di pellegrini desiderosi di esprimere visibilmente il cammino interiore di cristiani chiamati a far crescere la fede battesimale fino a raggiungere la pienezza di uomini nuovi in Cristo. Questo cammino spirituale, come un pellegrinaggio attraverso le strade di Firenze, richiede il sacrificio della rinuncia all’egoismo, l’apertura all’altro e il sostegno fraterno, soprattutto quando la strada si fa dura o è in salita. Nessuno può vivere da solo e occorre camminare insieme fiduciosi nella misericordia di Dio.
La Cavalleria di Parte Guelfa schierata sotto il Campanile di Giotto
Il Capitano di Parte Guelfa Riccardo Mugellini in Piazza della Signoria
Il Connestabile di Parte Guelfa Gregorio Savio e il Cavaliere di Parte Guelfa Marco Sottili in Piazza di Parte Guelfa
Il Capitano di Santo Spirito e Cavaliere di Parte Guelfa Gandolfo Ventimiglia
Il Capitano di Santa Maria Novella e Cavaliere di Parte Guelfa Graziano Casciarri
Il Capitano di San Giovanni e Cavaliere di Parte Guelfa Gabriele Mauro
Il Capitano di Santa Croce e Cavaliere di Parte Guelfa Marco Sottili
Il Cavaliere di Parte Guelfa Vincenzo Palmeri
I Cavalieri di Parte Guelfa sotto la Loggia dei Lanzi
Il Cavaliere di Parte Guelfa Flavio Salaris
Il Capitano e Connestabile di Parte Guelfa Gregorio Savio presso la Loggia dei Lanzi
I Cavalieri di Parte Guelfa in Piazza di Parte Guelfa
Il Cavaliere di Parte Guelfa Principe Gandolfo Ventimiglia di Calcarelli
I Cavalieri di Parte Guelfa Marco Sottili e Vincenzo Palmeri sotto il Ratto delle Sabine del Giambologna
I Cavalieri di Parte Guelfa Flavio Slaris e Graziano Casciarri sotto la Loggia dei Lanzi
Gli Armati di Parte Guelfa Giacomo Tarlini, Stefano Mason e Costel Dorneanu in Piazza della Signoria
Il Connestabile di Parte Guelfa guida il corteo della Cavalleria della Repubblica Fiorentina in Via Calzaiuoli
La Cavalleria della Repubblica Fiorentina schierata sotto il Battistero di San Giovanni
Autore
Andrea Claudio Galluzzo e Franco Cardini
Iconografia
Luca Allegrini