Parte Guelfa mosaici Battistero San Giovanni Firenze 3I magnifici mosaici del Battistero di Firenze ricoprono la cupola interna e la volta dell’abside dell’edificio e rappresentano uno dei più importanti cicli musivi del medioevo italiano. Creati a partire dal 1225, vennero completati verso il 1330, utilizzando i cartoni di grandi pittori fiorentini, tra i quali Cimabue, Coppo di Marcovaldo, Meliore e il Maestro della Maddalena, ad opera di mosaicisti probabilmente veneziani. La decorazione musiva ebbe inizio nell’abside, ad opera del frate francescano Jacopo, che Vasari confuse poi con Jacopo Torriti. Un’iscrizione distribuita nei quattro peducci ricorda la data di inizio dei lavori. Il rivestimento a mosaico della cupola fu impresa difficile e dispendiosa.

Nel 1271 l’Arte di Calimala, responsabile dell’abbellimento e manutenzione del Battistero, siglò un accordo con i canonici per l’inizio della decorazione della cupola, anche se oggi si ritiene che la porzione più vicina alla lanterna fosse già stata avviata nel 1228 dallo stesso Jacopo, subito dopo aver terminato la scarsella. I lavori si protrassero fino all’inizio del nuovo secolo, entro il 1330, come riporta in un passo Giovanni Villani. Secondo Vasari la parte più antica dei mosaici è da riferire ad Andrea Tafi, figura quasi leggendaria, che avrebbe eseguito le gerarchie angeliche e il Pantocratore aiutato dal greco Apollonio, incontrato a Venezia. Il resto sarebbe stato eseguito da Gaddo Gaddi. Nell’impossibilità di verificare le affermazioni vasariane, si è comunque registrato come le zone più antiche siano anche quelle più simili ai mosaici di Venezia presso San Marco e Torcello, nonché a quelli di San Paolo fuori le Mura a Roma dove lavorarono infatti maestranze veneziane chiamate nel 1218 da papa Onorio III.

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Oggi la critica è orientata soprattutto sui nomi di vari artisti toscani, ammettendo però nella realizzazione materiale l’intervento di maestranze venete o al più orientali. Sulla base di analogie stilistiche con opere pittoriche, sono stati tirati in ballo i nomi dei migliori maestri del Duecento e dei loro collaboratori, fino a Giotto e i protogiotteschi, come il cosiddetto Ultimo Maestro del Battistero, evidenziato da Roberto Longhi. I restauri si susseguirono praticamente senza sosta dalla fine del Trecento in poi. Sono ricordati quelli del 1402, del 1481 e del 1483-1499, questi ultimi sovrintesi da Alesso Baldovinetti nominato appositamente restauratore ufficiale della decorazione musiva; di nuovo altri lavori nel 1781-1782 quando avvenne una ripulitura generale, nel 1821-1823 per far fronte a una grave danno nella zona delle Storie di Noè e nel 1898-1907 con vasti reintegri. La cupola presenta otto spicchi ed è rivestita da mosaico su fondo dorato. Su una fascia superiore sono raffigurate le gerarchie angeliche. Su tre degli spicchi è raffigurato il Giudizio Universale, dominato dalla grande figura del Cristo: sotto i suoi piedi avviene la resurrezione dei morti, alla sua destra i giusti sono accolti in cielo dai patriarchi biblici, mentre alla sua sinistra si trova l’inferno con i suoi diavoli. Gli altri cinque spicchi sono suddivisi in altri quattro registri orizzontali, dove sono raffigurate a partire dall’alto: storie della Genesi, storie di Giuseppe, storie di Maria e di Cristo e storie di san Giovanni Battista. Furono impiegate, secondo alcuni, maestranze veneziane, coadiuvate sicuramente da importanti artisti locali che fornirono i cartoni, come Coppo di Marcovaldo, autore dell’Inferno, Meliore per alcune parti del Paradiso, il Maestro della Maddalena e Cimabue, cui sono attribuite le prime storie del Battista.

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Nell’abside il doppio arco sopra l’altare è decorato nell’estradosso da busto di Cristo, della Madonna, di Apostoli e profeti, divisi da scomparti e decorazioni a fogliami, forse opera più tarda della fine del Duecento. Nella scarsella corre un fregio con cherubini e serafini entro clipei, sopra il quale si imposta la volta, opera di fra’ Jacopo, che mostra attinenze con alcuni mosaici della basilica di San Marco a Venezia. Alle estremità si trovano figure mistilinee con sopra tabelle con le iscrizioni; su queste a sua volta si impostano quattro ornatissimi capitelli in colori vivaci e disegnati con linee molto arcuate, sui quali stanno quattro telamoni piegati a reggere la rappresentazione a forma di ruota. I telamoni hanno una viva plasticità e ricordano da vicino quelli scolpiti dalla bottega di Benedetto Antelami nella facciata della cattedrale di Fidenza. Ai lati dei telamoni stanno due troni con Giovanni Battista e la Madonna col Bambino, opere molto restaurate, in particolare nelle teste. I troni rimandano a modelli della miniatura carolingia e ottoniana. La struttura della ruota è formata da girali di repertorio classico, coi raggi che contengono candelabre la cui fantasiosa composizione sembra anticipare le grottesche: in basso un vaso tra coppie affrontate di animali quali cervi che riprendono il passo del Salmo 41 «come un cervo cerca l’acqua, così l’anima cerca Dio», uccelli e strani uomini-pesce con pinne sulla testa; sopra un motivo vegetale con una testina in mezzo e più in alto un angelo che regge il grande medaglione centrale, in cui si trova l’Agnus Dei. Esso è circondato dall’iscrizione in caratteri dorati su sfondo rosso “HIC DEUS EST MAGNUS MITIS QUEM DENOTAT AGNUS”. Tra i raggi si trovano le rappresentazioni di otto profeti a figura intera: in senso antiorario dal basso Mosè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Daniele, Ezechiele, Geremia, Isaia. Essi sono realizzati guardano alla tradizione bizantina e riportano ciascuno il nome in un’iscrizione all’altezza dei piedi. Il Battistero di San Giovanni non è soltanto una delle più antiche chiese di Firenze ma sopratutto uno scrigno affascinante pieno di tesori nei quali si fondono fede, storia e arte.

Non mi parean men ampi né maggiori
che que’ che son nel mio bel San Giovanni,
fatti per loco de’ battezzatori

Dante Alighieri
Divina Commedia, Inferno, XIX canto, versi 16-18

 

 Autore

Timothy Verdon

 parte guelfa definitivo per sfondi bianchi